Prima della fondazione della città eterna è quando il regista Matteo Rovere ha scelto di raccontare la sua storia con una serie televisiva in 10 parti dal titolo “Romulus.” Non per lo spettatore passivo, questa serie sulle origini di Roma è raccontata interamente in latino arcaico. Come il lungometraggio di Rovere “The First King”, basato sullo stesso soggetto, la serie “Romulus”, prodotta da Sky, Cattleya, Groenlandia con ITV Studios, immerge il pubblico nella realtà del tempo.
Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia con Giuseppe Rotunno nel 1999, Vladan Radovic ha illuminato alcuni tra i più importanti film italiani degli anni 2000, come “Il traditore” di Bellocchio e “La pazza gioia” di Virzì, e accompagnato la crescita artistica di registi come Francesco Munzi, Gianni Zanasi, Laura Bispuri e Matteo Rovere. Con quest’ultimo ha affrontato anche l’impresa della serie tv “Romulus”, ambientata nell’VIII secolo Avanti Cristo, girando con ALEXA Mini e con ottiche ARRI Signature Prime. Radovic ha anche scelto di lavorare con i proiettori ARRI per la serie, in particolare gli ARRI SkyPanels e i proiettori della Serie M.
ARRI ha avuto la possibilità di parlare con il direttore della fotografia Vladan Radovic della sua esperienza di lavoro con il regista Matteo Rovere su “Romulus”.
Come è stato coinvolto nel progetto di “Romulus”?
Avevo già fatto due corti e un film con Matteo Rovere quando mi ha proposto questo progetto bellissimo, complicato e ambizioso che solo lui poteva mettere in piedi. All’inizio ero un po’ spaventato perché la serie è ambientata prima della fondazione di Roma, periodo per cui non si poteva prendere come riferimento una base di luce già esistente, e perché erano previste riprese nelle situazioni più complicate, come gli esterni notte nel bosco e nei villaggi.
Ma poi ha accettato la sfida.
Capivo che stavo entrando in un progetto molto complesso ma anche molto stimolante, perciò ho accettato. Matteo ha una grande energia, è capace di coinvolgerti al cento per cento.
Come avete gestito la luce in un’ambientazione tanto particolare?
La luce di riferimento era quella delle sorgenti naturali. Torce, fiaccole, fuochi dei bracieri erano le fonti principali di luce di notte, ma anche di giorno negli interni. Il fuoco era una presenza costante. Per gli interni giorno cercavo sempre di usare il riflesso della luce sulle superfici naturali. Noi oggi abbiamo le case imbiancate, con superfici chiare su cui si riflette la luce, e i nostri interni giorno sono caratterizzati da questa illuminazione. All’epoca invece c’erano pareti di fango e soffitti in paglia, sicuramente più caldi. Ho scelto quindi di riflettere la luce che entrava dall'esterno su queste superfici per creare un’atmosfera che rimandasse a quel contesto.
Avete usato come riferimento il lavoro già fatto per il film “Il primo re” – la cui cinematografia è firmata da Ciprì - o siete andati in una direzione diversa?
Sin dall’inizio Matteo è stato molto chiaro. Ha detto: “sono contento della fotografia del film, Daniele Ciprì ha fatto un ottimo lavoro, ma per la serie voglio qualcosa di totalmente diverso. Esistono infatti diverse interpretazioni della stessa epoca: non credo ci sia quella giusta e quella sbagliata, ma quella adatta alla storia da raccontare.” Ne “Il primo re” Matteo e Daniele hanno usato ottiche ARRI Master Anamorphic, noi abbiamo fatto diversi test con tre tipi di ottiche: ARRI Master Anamorphic, ARRI Master Prime e ARRI Signature Prime. Abbiamo scelto le ARRI Signature Prime e ne siamo stati molto soddisfatti. Le avevo viste al MicroSalon AIC e mi erano sembrate bellissime, ma si sono rivelate ancora migliori di quanto mi aspettassi. Durante le riprese le ho messe alla prova in tante situazioni: hanno un lens flare che mi piace tantissimo, offrono incisione e morbidezza allo stesso tempo. Abbiamo usato lenti larghe anche per fare i primi piani: 29, 25 o 21 millimetri, perché non c’era nessun tipo di distorsione e ci davano la possibilità di stare molto vicino ai personaggi, di respirare con loro.
Ne è rimasto stupito?
Io sono molto sensibile riguardo alle lenti, specialmente dall’avvento del digitale, con il quale tutto è diventato super inciso. Per questo mi piacciono le ottiche vintage, che non sono perfette e mi permettono di spezzare la troppa precisione del mezzo digitale. Le Signature Prime sono ottiche nuove ma danno morbidezza all’incarnato, non hanno quell'incisione fastidiosa che va contenuta con i filtri. All’inizio, quando si girava in ProRes c’erano più problemi, ma con l’avvento di ARRIRAW la situazione è migliorata tantissimo. Le ottiche Signature Prime con la ALEXA Mini in ARRIRAW restituiscono la naturalezza e la verità della visione dell’essere umano. Credo che questa sia davvero la perfezione del mezzo tecnico.
Ci sono situazioni o difficoltà tecniche che avete risolto con ARRI?
In “Romulus” ho potuto esplorare le zone d’ombra e le notti, nei boschi e nelle capanne. Aggiungendo pochissima illuminazione artificiale potevo girare con la luce dei bracieri, delle torce, delle fiaccole. Io ho una lunga storia di lavoro con ALEXA: quando è finita l’epoca della pellicola sono passato da ARRI 535 ad ALEXA. Ho aspettato fino all’ultimo, non volevo fare il passo finché non ero sicuro di ottenere gli stessi risultati, ma con ARRI siamo andati anche oltre. Oggi siamo arrivati a una sensibilità dei sensori molto più alta, ma soprattutto reale. Se ALEXA ha una sensibilità di 3.200 Asa, sono veri, usabili. Ci sono sensori con una sensibilità di 12.500 Asa ma finti, digitali, rumorosi. Io uso spessissimo i 2.560 Asa con ALEXA e non ho mai avuto problemi dal punto di vista del rumore digitale.
“Romulus” è un progetto imponente, ambizioso: quanto sono durate le riprese, in quali location e in quali condizioni?
Abbiamo iniziato i primi di giugno e finito i primi di dicembre, per circa 22 settimane, con una piccola interruzione ad agosto. Le location erano uniche: i boschi di Nettuno, le solfatare di Pomezia, la Grotta dell’Arco di Bellegra. La parte più rilevante delle ricostruzioni è stata fatta a Cinecittà World. Ha fatto molto caldo e molto freddo in location difficilmente raggiungibili, a volte in mezzo al fiume, ma con le ALEXA Mini, con le lenti Signature Prime large format, si poteva fare tutto perché sono super-leggere e maneggevoli. Tra l’altro assicurano la massima qualità anche nelle riprese aeree, col drone.
Quali sono state le scene più impegnative e poi, magari, più soddisfacenti?
Abbiamo girato per un mese dentro le grotte, usando le luci delle fiaccole e delle torce con poca aggiunta di luce artificiale. Quel luogo era difficile da raggiungere, per arrivare sul set camminavano a piedi per 40 minuti attraverso una passerella e dei cunicoli. Nel bosco, poi, abbiamo usato molto fumo, sia di giorno che di notte, perché dava la possibilità di illuminare in modo particolare. Spesso mettevo in campo il proiettore ARRI M90 con uno stativo molto alto senza sportelli: fungeva da sorgente di luce che spesso arrivava in macchina, riproducendo l’effetto del sole. Abbiamo usato il fumo anche nella battaglia del fiume, era bellissimo.
Ha usato anche altre luci ARRI?
Mi sono trovato benissimo con i proiettori ARRI Serie M, che mi dava una qualità di luce simile a quella del sole. All’interno usavo gli SkyPanel per bilanciare.
Come avete gestito il flusso di lavoro?
La mia fotografia nasce prima di girare un film, con la sceneggiatura. Cerco di dare il look generale prima, col regista e il colorist, facendo numerosi test, anche se poi ovviamente durante le riprese cambia tutto. Abbiamo fatto la post-produzione alla InHouse con Christian Gazzi, che aveva preparato delle LUT da usare sul set. Durante le riprese gli inviavo il materiale, poi lui ci rimandava le stills lavorate per avere conferma che corrispondessero alla visione voluta. Abbiamo quindi fatto la color correction anche dei giornalieri, il che ci ha fatto perdere un po' di tempo in fase di ripresa, ma ce ne ha fatto risparmiare molto durante la post-produzione.
Tra comparse, costumi, scenografie ricostruite, questo progetto ha una importante componente “analogica”, ha il sapore del grande cinema che si faceva una volta...
La crescita di Groenlandia in questi anni ci conferma che il loro approccio alle produzioni è il modo più giusto di fare cinema: con standard di altissima qualità, investendo soldi e recuperandoli, raccontando storie con l’aiuto di tutti i reparti. Per questa serie abbiamo fatto tanti provini fotografici per vedere con la costumista Valentina Taviani come risultavano i colori di alcuni tessuti e con lo scenografo Tonino Zera per verificare le resa delle superfici delle capanne che aveva costruito. È stato un lavoro di collaborazione che ha portato a un risultato importante. Spero che il cinema italiano continuerà a crescere in questa direzione.
Vladan Radovic ha quattro nuovi film in arrivo: “La ricetta italiana” di Zuxin Hou, “Scuola di mafia” di Alessandro Pondi, “Il paradiso del pavone” di Laura Bispuri e “Il diario di spezie” di Massimo Donati. "Tutto girato con ARRI, non c'è nemmeno bisogno di chiedere" – sottolinea.
Immagine di apertura: Il DP Vladan Radovic con la ALEXA Mini e gli obiettivi ARRI Signature Prime. Attrezzature di ripresa e per l’illuminazione fornite da Panalight.
Foto di Francesca Fago.