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Il DP italiano Paolo Carnera si affida ad ALEXA e SkyPanel come potenti alleati.

Dai film indipendenti alle produzioni televisive internazionali, Paolo Carnera continua ad affidarsi alle camere e alle luci di ARRI. Sia che si tratti di ALEXA Mini e ALEXA SXT con obiettivi Master Prime, sia che si tratti della nuova ALEXA LF. Paolo Carnera ha trovato un look che funziona.

Jul. 8, 2020

Per catturare il realismo poetico del film indipendente “Favolacce”, presentato in concorso alla Festival di Berlino e vincitore dell'Orso d'Argento, e per poter soddisfare le esigenze di un super-set internazionale per la serie TV “ZeroZeroZero”, co-produzione Cattleya e Bartlebyfilm per Sky Studios, Canal+ e Amazon Prime Video, il direttore della fotografia Paolo Carnera si è rivolto ad ARRI. Per questi due progetti molto diversi, Carnera ha potuto collaborare nuovamente con i fratelli registi Fabio e Damiano D'Innocenzo su “Favolacce” dopo il loro successo su “La terra dell’abbastanza” e rinnovare la sua lunga collaborazione con il regista Stefano Sollima su “ZeroZeroZero”.

ARRI è riuscita ad intervistare Paolo Carnera. Nella nostra chiacchierata, egli condivide con noi l'ispirazione visiva dietro il suo ultimo lavoro, le sfide che sono intrinsecamente presenti su due set molto diversi, e come le attrezzature ARRI continuano ad essere la sua soluzione.

Che impostazione visiva cercavate per raccontare la storia di “Favolacce”?

Fabio e Damiano sono due cinefili totali, conoscono molto bene l’immagine e sono dei registi senza compromessi. Fabio è anche fotografo, mentre Damiano è un ottimo disegnatore. Ogni giorno, prima di andare sul set, inviavano ai collaboratori delle suggestioni con dei bellissimi disegni. A monte, nel nostro universo narrativo, c’era però un tappeto di film che che andavano da “The Tree of Life” ad “Angeli ribelli” e “Gummo”, passando per “Revolutionary Road”, oltre a tante immagini di fotografi che abbiamo condiviso. Io questa volta ho cercato di interpretare il film non come un direttore della fotografia, ma come un fotografo.

Qual è il tono di “Favolacce”?

È un film profondo che racconta una storia difficile. Parla di un quartiere ma è anche uno spaccato della nostra società: una storia dolorosa e aspra che ho cercato di raccontare con uno sguardo molto dolce, quasi romantico, in cui i personaggi sono visti con amore. Questo era il mio obiettivo e per raggiungerlo avevo bisogno di strumenti sensibili da un punto di vista espressivo, oltre che tecnico. Mi sono appoggiato alla luce naturale, come ho fatto spesso negli ultimi anni. Avere come base la naturalezza della luce non vuol dire, però, accettare ciò che ti trovi davanti, ma trasformarlo in funzione creativa, per adattarlo al progetto.

Quali strumenti ha scelto?

È il secondo film che faccio con i fratelli D’Innocenzo e in entrambi i casi ho usato ALEXA. Abbiamo cercato insieme la semplicità, l’agilità e la leggerezza. Ho quindi girato tutto con la ALEXA Mini perché avevo bisogno di una macchina piccola, che potessi mettere in spalla agevolmente, e ho usato ottiche vintage, lenti che hanno delle aberrazioni ottiche: volevo avere dei difetti nell’immagine, cercavo una pasta antica e anche una grande semplicità. Siccome sapevo che mi sarei avventurato in un terreno con molte sorprese, ho deciso di rassicurarmi e usare un sensore che conoscevo benissimo. Avrei voluto girare in primavera anziché in estate, perché in estate nelle periferie romane la luce è molto dura, ma per necessità produttive abbiamo iniziato le riprese a fine giugno e terminato a fine agosto. Il sensore ha comunque retto molto bene il contrasto, molto meglio di quanto pensassi. Le ottiche vintage e le macchine di questo film vengono da D-Vision Movie People Roma.

Il lavoro su “Zerozerozero” è stato decisamente diverso...

“Zerozerozero” è l’ultimo passo di un percorso che ho fatto con Stefano Sollima a partire dalla serie di “Romanzo criminale”, attraverso “Acab”, la prima stagione di “Gomorra e “Suburra” il film. Ogni volta, nel processo di realizzazione dei film di Stefano c’è una voce che bisogna mettere in budget: alzare l’asticella. Nel caso di “Zerozerozero”, la complessità era data dalla vastità del mondo che dovevamo raccontare. Le riprese si sono svolte in Louisiana, in Messico, in Calabria, in Marocco, in Senegal, nel deserto del Sahara. Siamo stati in quei luoghi per mesi e avevamo bisogno di materiali affidabili e duttili. Abbiamo usato lenti Master Prime e ALEXA, che è stata oggetto di una piccola battaglia. Eravamo in una fase in cui ancora non era presenti ALEXA LF sul mercato e i network internazionali erano restii ad usare Alexa perché il sensore non è 4K nativo, ma abbiamo raggiunto un accordo: invece di girare in raw, abbiamo girato in ProRes 4444 XQ per avere il massimo della definizione possibile con ALEXA. Successivamente ho girato “The White Tiger” per Netflix e ho usato ALEXA LF per poter rispondere all’esigenza del network che chiedeva un 4K pieno. In quel caso le macchine venivano da Panalight-Roma.

Quante macchine avete usato e come?

“Zerozerozero” è stato girato con due Mini e una ALEXA SXT e abbiamo usato moltissimo svariati sistemi di stabilizzazione. L’evoluzione tecnica nello stile di Stefano è stata caratterizzata dal passaggio dall'uso esclusivo della macchina a mano (con il rifiuto totale della Steadicam) in “Romanzo Criminale e Gomorra”, a un uso della macchina quasi esclusivamente su sistemi di stabilizzazione o con inquadrature su dolly. Cercavamo dei movimenti più fluidi e inquadrature più composte. La serie è stata girata in gran parte con una camera e a tratti con due macchine, ma tutte le scene d’azione sono invece state girate con due, tre, a volte anche quattro macchine. Avevo bisogno di ottiche luminose, nitide ed eleganti, per questo ho scelto Master Prime. Nella costruzione dell’immagine ho cercato di superare il realismo con uno stile accattivante, potenziando il fascino visivo della realtà. In preparazione abbiamo fatto infiniti sopralluoghi e infinite catalogazioni di location e ho raccolto moltissime immagini, il risultato è che ogni cosa che vedete in “Zerozerozero” è vera, esiste nel mondo; ogni atmosfera potente trovata nei nostri sopralluoghi l’abbiamo riproposta sui nostri set.

Che difficoltà ha comportato la pluralità di location?

Le telecamere ARRI sono state un elemento di continuità. Con Cattleya abbiamo deciso di mantenere un’unità tecnica solida dall’inizio del progetto: abbiamo noleggiato le macchine da presa in Italia, dove abbiamo fatto tutta la preparazione tecnica, a Panalight-Roma, sotto la supervisione del mio primo AC Massimiliano Ricci, e poi le abbiamo spedite nei luoghi del mondo in cui avremmo girato. È stato complesso ed entusiasmante mantenere una continuità tecnica e creativa, nella difficoltà di gestire troupe diverse con un oceano in mezzo. Avevamo bisogno di macchine affidabili e le ALEXA hanno retto per mesi senza crearci nessun problema con ogni temperatura, dal freddo delle montagne della Calabria all’inverno di New Orleans, alla pioggia del Messico fino al caldo estremo del deserto del Sahara.

Come avete gestito le luci?

Abbiamo usato anche molte luci ARRI e su “Zerozerozero” ho usato per la prima volta estensivamente proiettori a Led, in particolare gli SkyPanel. I LED stanno trasformando il nostro modo di lavorare. La possibilità del controllo a distanza della temperatura colore e dell’intensità della luce è estremamente interessante; una caratteristica che ho sfruttato molto anche sul film Netflix “The White Tiger” di Ramin Bahrani.


Photos: Pepito Produzioni e Rosa Hadit Cattleya