Prodotta da Amazon Studios, la serie italiana "Bang Bang Baby" racconta la storia di una ragazza adolescente che scopre la verità sul padre criminale e diventa affascinata dal male. In collaborazione con i Direttori della Fotografia Daria D'Antonio e Timoty Aliprandi, Vittorio Omodei Zorini, direttore della fotografia di film come "Gli equilibristi" e "Brutti e cattivi" e di serie come "Diavoli", è riuscito a creare un mondo ipnotico fatto di luci e colori nuovi nella Milano degli anni '80. Nel corso dell'intervista, ci parlerà dell'illuminazione sul set realizzata con luci ARRI e delle riprese in grande formato ottenute utilizzando l'ALEXA Mini LF.
In che mondo ci porta Bang Bang Baby?
La serie è raccontata dal punto di vista di Alice Giammatteo, un'adolescente orfana di padre che scopre improvvisamente che suo padre è vivo e appartiene a un'importante famiglia legata alla 'Ndrangheta. Da quel momento, la sua identità e la sua vita cambiano profondamente. Visivamente abbiamo cercato di creare un mondo di luce e colori nuovi visto attraverso gli occhi innocenti di Alice.
Dove avete girato e per quanto tempo?
Abbiamo avuto circa 15 giorni di set a episodio per 10 episodi. Sei episodi sono stati diretti da Michele Alhaique, due da Margherita Ferri e due da Giuseppe Bonito. Io ho fotografato i primi quattro episodi tutti diretti da Michele Alhaique, quattro episodi li ha fotografati Daria D’Antonio e due Timoty Aliprandi. Con loro c’è stata grande collaborazione e lavoro di squadra che ci ha permesso di dare a Bang Bang Baby una forte identità e coerenza visiva. La prima fase della storia di Alice si svolge a Bussolengo, nella provincia lombarda, per approdare poi nella Milano degli anni ’80 che abbiamo ricreato principalmente a Roma. Tra le location c’è anche la Calabria, anche quella girata principalmente nel Lazio: eravamo nel periodo più duro del Covid e non era facile spostarsi da regione a regione.
Che indicazioni hai avuto dal regista Michele Alhaique?
Abbiamo fatto un gran lavoro di preparazione perché volevamo che la serie avesse un’identità molto forte. È un racconto d’epoca, ma di un’epoca particolare, ovvero gli anni ’80 visti con gli occhi di una ragazzina che viene dalla provincia e si ritrova catapultata, suo malgrado, in una Milano scintillante, colorata, a suo modo invadente. Quel mondo doveva essere percepito come la modernità, non doveva evocare il passato ma il futuro. Alice si trova a guardare alla sua nuova identità, a nuovi luoghi e nuove storie e assiste a un’esplosione di colori e brillantezza contrastate da zone di incertezza e oscurità. Abbiamo cercato di essere eccessivi nelle nostre scelte, senza paura di spingere sull’acceleratore. Come riferimenti abbiamo preso registi e film che raccontano la realtà ma con uno sguardo al limite: i fratelli Coen, Paolo Sorrentino, Paul Thomas Anderson, certe cose di Euphoria, cercando una nostra strada un po’ eccessiva ma comunque ancorata a un realismo. La macchina da presa era sempre molto vicina al volto della protagonista perché volevamo guardare il mondo coi suoi occhi e interpretare ciò che lei vedeva, più che osservarlo da spettatori.
Come è stata la vostra esperienza con l’ARRI ALEXA Mini LF
Siamo molto soddisfatti e orgogliosi di aver fatto questa scelta. Il largo formato ci ha regalato molto: ci ha permesso di girare con lenti grandangolari ma con profondità di campo più vicina alle lenti medie, offrendoci grandissima pulizia e qualità. Siamo sempre stati con il 21 o il 29, molto vicini ai personaggi, per rendere un’idea un po’ distorta della realtà.
Ci sono state situazioni particolari da gestire in fase di ripresa?
Michele è un regista con le idee chiarissime dal punto di vista del racconto per immagini: sa sempre, esattamente, quale inquadratura racconta quel preciso momento della scena, non gira per lasciare poi la scelta al montaggio. Questo si è tradotto in una ricerca costante dell’inquadratura giusta con la giusta gestione della luce, spesso qualcosa di complesso che aveva il sapore della sfida.
Ricordi scene particolarmente impegnative?
A inizio lavorazione abbiamo girato a Civitavecchia, in un grande carcere abbandonato dove avevamo a che fare con spazi importanti partendo da zero con scenografia e illuminazione. La scenografa Tamara Marini e l’arredatrice Alessandra Querzola hanno fatto un grandissimo lavoro. A Civitavecchia abbiamo girato la scena in cui Adriano Giannini incontra la figlia in carcere per la prima volta: un momento importante che volevamo enfatizzare anche con la luce, così come quello del battesimo di Alice nella famiglia di ‘ndrangheta. Ci sono poi molte scene girate in teatro di posa, come quelle nella casa di Alice e di nonna Lina. Quest’ultima volevamo che fosse un luogo fermo nel tempo in una Milano di colori ed eccessi, una specie di grotta, una casa antica in cui la luce e il colore fossero elementi che arrivavano solo da fuori. La casa di Alice invece è caratterizzata da colori pastello sul rosa, l’arancione, il marrone. Inizialmente è l’unico luogo caldo per lei, poi la ragazza cambia e con lei, a livello quasi inconscio, anche il suo sguardo, e il contrasto diventa più evidente. In alcuni dei viaggi mentali di Alice abbiamo provato a ricreare quelle atmosfere visive di serie americane anni ‘80 come Casa Keaton o La donna bionica.
ALEXA Mini LF come ha gestito le varie situazioni di luce?
Molto bene. La serie ha molte zone scure e neri importanti, ma al tempo stesso luci molto forti. Gli interni sono sempre illuminati dall’esterno. La macchina, che ha grandissima versatilità, ha risposto molto bene, con un’ottima lettura dei neri e la capacità di contenere le alte luci. Era decisamente il mezzo più giusto. Abbiamo lavorato tendenzialmente ad 800 ASA, quelli nativi della macchina, che offre anche la grandissima comodità di avere i filtri ND interni.
Come e in che modo hai gestito i movimenti di camera?
Abbiamo cercato di avere una forma di classicità: poca macchina a mano e molti carrelli con movimenti a volte molto complessi. La macchina era sempre in movimento, con spostamenti che ci permettevano di arrivare vicino agli occhi di Alice e poi, in continuità, di accompagnare il suo sguardo.
Hai avuto la tendenza a lavorare a un particolare T-stop o è variato molto?
Lavoro quasi sempre a diaframmi molto aperti e sfrutto la lente al massimo della sua luminosità. Con Supreme ho lavorato molto a 1.5, diaframma che mi piace particolarmente perché mi permette di avere poca profondità di campo. Lavorare con la macchina così vicina agli attori e con diaframmi aperti ci permetteva di essere molto selettivi con la messa a fuoco. Non abbiamo usato lo zoom quasi mai, proprio perché eravamo molto vicini agli attori.
Qual era il tuo sistema di illuminazione?
Uso sempre luci ARRI, ne sono un grande fan. La serie M è molto comoda, uso spesso i proiettori HMI ARRI M90, M40 e i proiettori a LED ARRI SkyPanel che sono ormai insostituibili. Mi piace molto lavorare con la consolle e realizzare variazioni di luce durante il take. La possibilità di controllare luminosità e colore dei Led con le applicazioni e il telefono è diventata importantissima per me. Farei molta fatica a dover fare a meno di questi strumenti.
In che misura hai usato il monitoraggio sul set?
Con il Dit Andrea Curiazi lavoro molto con le LUT sul set. Col mezzo digitale si può avere un confronto creativo col regista pensando al risultato finale già sul set. È un passaggio per me fondamentale, perché tendo a fare le scelte sul set e non in post-produzione. C’è stato un lavoro di preparazione per costruire una LUT col colorist Claudio Del Bravo e per fare un lavoro più completo possibile in fase di ripresa.
Come guardavi il girato?
Lavoro molto con le still, più che con i giornalieri. I ragazzi che lavorano con me le ordinavano per episodio e per scena e io ricostruivo, man mano che giravamo, l’episodio sotto forma di foto-racconto.
Hai in vista altri progetti?
Ho da poco finito di girare i primi tre episodi di The Good Mothers diretti da Julian Jarrold, anche su questo progetto ho lavorato con ARRI ALEXA Mini LF e con il corredo di luci ARRI. Di ALEXA apprezzo molto la separazione del colore in un mondo un po’ pastello. Tendo a lavorare molto morbido con la luce, perciò ho bisogno di precisione nella separazione del colore e di pulizia delle immagini: su questo ALEXA mi viene incontro semplificandomi il lavoro.
L'attrezzatura per la ripresa e l'illuminazione è stata fornita da D-Vision Moviepeople.