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Il DP Luan Amelio Ujkaj su “Campo di battaglia”: “Un film non di guerra, ma sulla guerra”

Il direttore della fotografia Luan Amelio Ujkaj ha utilizzato ALEXA 35 e lenti Ultra Prime per creare l’atmosfera giusta per il film di Gianni Amelio, ambientato alla fine della Prima Guerra Mondiale e in concorso a Venezia81.

Sep. 6, 2024

Dopo film importanti come “Hammamet” e “Il signore delle formiche”, il direttore della fotografia Luan Amelio Ujkaj rinnova la sua collaborazione con Gianni Amelio, per una storia ambientata sul finire della Prima Guerra Mondiale, che ha per protagonisti due ufficiali medici interpretati da Alessandro Borghi e Gabriel Montesi.

Che sfide ha comportato l’ambientazione storica di “Campo di battaglia” a livello di look delle immagini?

Io sono nato nel 1976, quindi chiaramente per me raccontare una storia ambientata durante la Prima Guerra Mondiale significa basarmi sulle immagini in bianco e nero di allora. Con Gianni Amelio, però, i sopralluoghi hanno sempre un ruolo fondamentale: vediamo insieme i posti e lì troviamo il tono fotografico del film. Gianni mi ha sempre detto che bisogna leggere le sceneggiature con un occhio solo perché poi, una volta sul set, cambia tutto. Certo, il lavoro si può preimpostare, ma la finalizzazione si fa sul set. Io amo arrivarci almeno un’ora prima, insieme al regista e al suo aiuto, così abbiamo un po’ di tempo in cui siamo più liberi di parlare dell’impostazione della luce e delle inquadrature.
Sono convinto che il miglior amico del direttore della fotografia sia il regista. I tre film che ho fatto con Gianni sono ambientati in epoche molto diverse, con tre tipi di luce che hanno aiutato in modo specifico il racconto. Gianni spesso dice che non riesce a fare tecnicamente la fotografia, ma la verità è che ne capisce moltissimo.

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Il DP Luan Amelio Ujkaj ha scelto ALEXA 35 per le riprese del film “Campo di Battaglia”

Ti aveva dato anche dei riferimenti visivi?

Per i film di Gianni niente viene studiato a tavolino, né si fanno riferimenti ad altri film. Ci confrontiamo sempre durante i sopralluoghi e, una volta scelti gli ambienti, si decide quale luce adattare a quello che vi accade, ai comportamenti dei personaggi. Gianni ha le idee chiare e nello stesso tempo lascia molta libertà. Io mi sono documentato per conto mio, ho visto immagini di quell’epoca. Ogni film ha la propria luce.

La vicenda è ambientata in Friuli-Venezia Giulia. Dove avete girato? Quali sono state le location più significative?

Abbiamo girato per nove settimane tra Friuli e Trentino, e gli interni li abbiamo fatti a Roma. L’aiuto regista e la produzione sono riusciti a fare un piano di lavoro dove non si è persa nemmeno una giornata. In Trentino abbiamo girato a Forte Cherle che è inquietantissimo e molto bello. Entrarci permette di vedere come hanno vissuto all’epoca i veri soldati, ed è straziante. Abbiamo girato altri interni anche a Forte Busa Granda poi a Forte Bravetta: tre location che nel film sono diventate una sola, con l’aiuto della scenografia.

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Il DP Luan Amelio Ujkaj sul set con Alessandro Broghi

Avete girato con ALEXA 35, com’è andata?

Io vengo dalla pellicola e ho usato per “Campo di battaglia” ALEXA 35 per la prima volta. È stato un sogno per me mischiarla con i vecchi obiettivi Ultra Prime. Negli studi della D- Vision Movie People, con il mio assistente Fabio Farinaro abbiamo organizzato un confronto tra ALEXA 35 e un’altra macchina da presa, sapendo che volevo usare gli obiettivi Ultra Prime, che secondo me sono molto morbidi, con la profondità di campo giusta. 

ALEXA 35 è la macchina giusta per fare cinema. A me piace rischiare, l’ho sfruttata al massimo e mi ha dato grandi soddisfazioni.

Luan Amelio Ujkaj

Cinematographer

L’altra macchina, alla fine, è rimasta dentro la cassa: appena ho guardato nel viewfinder, inquadrando Alessandro Borghi vestito con i costumi del film, ho deciso subito per ALEXA 35. Mi sono detto che non c’era più bisogno di fare un confronto con l’altra macchina. ALEXA 35 è la macchina giusta per fare cinema. A me piace rischiare, l’ho sfruttata al massimo e mi ha dato grandi soddisfazioni. A livello di ISO, ho girato, anche di giorno, a volte, a 1500 o 2000 ASA, perché volevo che mi desse la “pasta” della pellicola, e grazie al connubio tra ALEXA 35 e le Ultra Prime l’ho ottenuto. Di giorno la macchina regge benissimo le alte luci, di notte l’ho usata a 2500-2600 ASA ed era perfetta, una macchina magnifica.

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Luan Amelio Ujkaj ha trovato in ALEXA 35 un'ottima alleata per ricreare la pasta della pellicola

Avete usato molto la macchina a spalla?

Abbiamo girato quasi metà del film con la macchina a mano, con molta steadicam, nelle corsie degli ospedali e sui camion, anche se Gianni ama un cinema abbastanza classico. La macchina da presa era ferma solo quando doveva, soprattutto per i primi piani.

Quali tagli di ottiche hai usato?

Abbiamo girato molti piani-sequenza con la steady. La prima inquadratura del film è lunga più di cinque minuti. Io lavoro sempre con un operatore steady bravissimo, Emanuele Chiari. Le ottiche che ho usato di più erano il 28 e il 32, a volte lo zoom. A Gianni piace il movimento degli attori all’interno di una scena, fa loro fare movimenti un po’ sfalsati. Abbiamo usato il 28 per avere un po’ di profondità di campo in più.

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"Con Gianni, i sopralluoghi definiscono il tono fotografico del film. Il miglior amico del direttore della fotografia è il regista, e Gianni capisce moltissimo di fotografia," commenta Luan

Qual era il tuo sistema di illuminazione?

Vengo dalla scuola di Luca Bigazzi, ho lavorato con lui per tanti anni, e non mi piace usare troppe luci sul set, perché può essere un ingombro anche per gli attori. Abbiamo utilizzato molto gli SkyPanel ARRI, che consumano pochissimo e si possono usare anche con un comando da remoto con wi-fi. Sono comodissimi.

In che misura hai usato il monitoraggio sul set? Qual era il flusso di lavoro?

Preferisco fare tutto sul set. Con il capo-elettricista Alessandro Saulini e il macchinista Cesare “Kikko” Pascarella parliamo tantissimo. La fotografia cerco di farla sempre dalla macchina, che è la mia coperta di Linus. Il DIT faceva solo il data manager e non ho usato una LUT. Preferisco far vedere al regista ciò che vede già sul set a occhio nudo, non voglio che veda cose diverse sul monitor. Poi in post-produzione scegliamo la LUT giusta con il relativo look.

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“Abbiamo girato circa metà film con la macchina a mano, con molta steadicam,” racconta il DP

Come guardavi il girato?

In macchina, poi lo mandavo al laboratorio dal colorist Andrea Orsini, di cui mi fido moltissimo, e discutevamo del materiale. Due giorni prima gli spiegavo il girato e ci confrontavamo sulla possibilità di andare verso il caldo, il freddo, lo scuro, e lui procedeva con i giornalieri. Spesso il girato arrivava anche quattro giorni dopo al laboratorio.

Come hai gestito il T-stop?

A parte che nei notturni, amo tenere sempre un po’ di profondità di campo, per sentire che dietro l’attore c’è uno sfondo. È un peccato girare a tutta apertura e far vedere dietro l’attore una specie di muro, ma naturalmente dipende sempre dalle situazioni. Gli interni li giravo a 2.8 e 4, sempre con un occhio di riguardo per l’ambiente intorno. La fotografia si fa con la collaborazione di tutti: scenografia, costumi, trucco…

Ci sono state scene più complicate che ti hanno dato particolare soddisfazione?

La scena iniziale è un piano sequenza lungo più di cinque minuti, prima dei titoli di testa, un esterno notte molto suggestivo ma che ci è costato uno sforzo in più. Il nostro è un mestiere bellissimo e sempre sorprendente: ogni inquadratura è particolare, ogni scena ha le sue difficoltà ma anche il suo fascino. Con bravi collaboratori e un grande regista come Gianni si affronta tutto. 

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Il regista Gianni Amelio con Alessandro Borghi sul set

Come è stato lavorare con Alessandro Borghi? Anche gli attori possono fare la differenza nel tuo lavoro?

Con Alessandro si lavora magnificamente ma anche con Federica e Gabriel. Io amo vedere le prove degli attori, e impostare la luce in rapporto all’azione. Non deve esser il movimento di macchina a influenzare quello degli attori ma il contrario. Sono io a dover seguire l’attore, non lui me. Ogni attore deve essere libero di muoversi secondo le indicazioni della regia. Per questo non amo mettere troppe fonti di luce: voglio dare una libertà di movimento a 360 gradi.

Quale formato di ripresa avete scelto?

L’1:85, che secondo me si adatta con più naturalezza allo sguardo dello spettatore. È più coinvolgente e più efficace per un film come “Campo di battaglia”.

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Le riprese del film “Campo di battaglia” si sono svolte Friuli-Venezia Giulia, Trentino e Roma

Come definiresti il tono di questa storia?

“Campo di battaglia” parla, delle conseguenze tragiche che può provocare una guerra. Penso anche a una storia d’amore ritrovata e nascosta allo stesso tempo.

Attrezzature tecniche fornite da D-Vision Movie People