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La tecnologia ARRI dietro alla creazione dei quattro mondi estetici del lungometraggio Netflix "Robbing Mussolini"

Girato con ALEXA Mini LF, lenti Signature Prime e luci ARRI, il film Netflix "Robbing Mussolini" è strutturato in quattro mondi estetici. Il DP Gian Filippo Corticelli ha condiviso con ARRI la sua esperienza sul set, mentre il colorist Andrea "Red" Baracca ha aggiunto preziosi dettagli circa le finiture apportate al film.

Oct. 26, 2022

Il film, ambientato nel 1945, racconta di un imprenditore milanese impegnato nel reclutamento di una banda per compiere un'elaborata rapina. Non si tratta solo di un semplice gioiello, ma di un tesoro leggendario appartenuto a Benito Mussolini. Il film è strutturato in "quattro mondi, legati a quattro personaggi e quattro situazioni", spiega Corticelli nel corso della nostra intervista a proposito delle dodici settimane trascorse sul set in Italia. Parlando con ARRI del grading HDR, il Colorist Andrea "Red" Baracca ci racconta come ha dato vita ai colori di questo ambizioso progetto.

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Il direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli ha creato mondi estetici distinti nel film "Robbing Mussolini" 

Intervista al direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli

In quali location è stato girato “Robbing Mussolini”?

Le riprese sono durate 12 settimane. Per la prima metà il film è stato girato a Roma e dintorni: nell’ufficio di Italo Balbo al Ministero dell’Aeronautica a Castro Pretorio, alla Snia in Largo Preneste, dove c’è la vecchia struttura industriale abbandonata che, con l’aggiunta di un po’ di macerie, sembrava una zona di guerra, e nel bunker di Soratte. Poi il set si è spostato in un castello nel viterbese e in altre location da quelle parti. In seguito siamo stati a Trieste, dove abbiamo girato una parte piuttosto lunga in una location che nel film è chiamata Zona Nera: nel porto antico di Trieste è stata ricreata una periferia di Milano in cui si svolge la scena del furto del tesoro di Mussolini, il cuore dell’azione del film. Le ultime scene sono state girate a Tarvisio, dove si conclude l’inseguimento finale, mentre le sequenze aggiuntive a Torino.

Che indicazioni avevi ricevuto dal regista sullo stile visivo del film?

Renato De Maria ha dato a me, ma anche ai reparti costumi e scenografia, delle suggestioni precise: ha diviso il film in quattro mondi legati a quattro situazioni, relative a quattro personaggi. Il primo era quello di Cabiria, un night dove lavora la protagonista Yvonne, interpretata da Matilda De Angelis. Il locale è frequentato da fascisti, nazisti e partigiani: un’umanità variegata che si ritrova in un luogo in cui si dimentica la guerra per un po’. Per questo mondo De Maria ha pensato al rosso con l’obiettivo di evocare il sangue, la vita che scorre. Poi c’è il mondo del protagonista fascista, Borsalino (Filippo Timi, NdR.), il braccio destro di Mussolini nel film. Il suo è un mondo freddo, di ghiaccio e marmo, contraddistinto da una luce bianca un po’ asettica e da palazzi con scalinate di marmo. Poi c’è il mondo di Isola (Pietro Castellitto, NdR.), il protagonista maschile, un mondo legato alla guerra e alle sue cicatrici, fatto di palazzi sventrati e macerie, in cui i colori dominanti sono il ruggine, il marrone, il verde. Infine, c’è la Zona Nera, in cui si svolge la scena madre del film, cioè la rapina: è un mondo buio, oscuro, una zona super sorvegliata, illuminata solo da luci di controllo che scandagliano il buio alla ricerca di eventuali incursori. È una situazione quasi in bianco e nero, con meno colore e più luci e ombre. 

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Il regista Renato de Maria ha dato precise indicazioni alla troupe sullo stile visivo di "Robbing Mussolini" 

Quali riferimenti specifici avevi in mente per "Robbing Mussolini"?

Mi interessava soprattutto avere diverse cromaticità che si mescolavano nel fotogramma: soprattutto luce fredda e luce calda. Con Renato abbiamo pensato a Peaky Blinders, Bastardi senza gloria e 1917, che con la ruggine delle trincee ci sembrava una buona reference per evocare il mondo di Isola e la situazione di guerra. Volevamo anche una luce un po’ da graphic novel, perciò ho un po’ derogato al mio comandamento: “realizza sempre una luce vera, una luce naturale!“

Cosa ti ha portato a scegliere ARRI ALEXA Mini LF?

Avevamo tre macchine da presa: due ARRI ALEXA Mini LF e una ALEXA XT come terzo corpo, con ottiche Signature Prime. Naturalmente ho delle preferenze personali su ottiche e sensori, ma cerco di affrontare ogni film partendo da zero e cercando di capire quale può essere il sistema più adatto al singolo film. Un po’ come quando esci di casa e devi decidere che scarpe mettere: se vai a fare footing non ti metti gli anfibi. Quando inizio un progetto mi piace fare test comparativi mettendo a paragone sensori e ottiche diversi, poi discuto con il regista e trovo il look più giusto. In questo caso avevo provato altri sensori, ma ARRI mi sembrava il più adatto per un film d’epoca ambientato nel 1945, essendo dotato di una certa rotondità. In più, volendo usare diverse cromaticità all’interno del fotogramma, mi sembrava che il sensore ARRI già di suo separasse meglio il colore caldo dal freddo, mentre gli altri tendevano tutti ad appiattire un po’. “Robbing Mussolini” è un progetto Netflix, quindi doveva essere realizzato in 4K nativo, allora ho optato per il largo formato, anche per sperimentare la diversa profondità di campo rispetto al super 35. 

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Trattandosi di un progetto di Netflix, "Robbing Mussolini" è stato girato in 4K nativo

Che valore aggiunto hanno portato le ottiche ARRI Signature Prime? 

Pur avendo le mie serie di lenti ARRI preferite, affronto ogni progetto effettuando dei provini per trovare il look migliore per lo specifico film. Anche in questo caso ho fatto dei test con tre o quattro tipi di lenti, e tutto mi portava nella direzione delle ARRI Signature Prime. “Robbing Mussolini” è un film di guerra, quindi potevo esplorare toni vintage e crudi per evocare il 1945. L’incisione rotonda di queste ottiche era perfetta per lo scopo: un’incisione cattiva ma delicata, in un look con toni ruggine e verdi. Inoltre, ci sono alcuni elementi sempre presenti in questo film: il fumo, l’acqua e la sfocatura. La sfocatura è una caratteristica che amo molto nelle ottiche anamorfiche, dove emerge più magica rispetto alle sferiche. Le lenti ARRI Signature Prime hanno però una sfocatura molto affascinante con il diaframma tutto aperto. Sono lenti sferiche con una profondità di campo corta, soprattutto nei campi larghi, il che è una particolarità del Large Format. Da ultimo, ho apprezzato molto la leggerezza di queste ottiche: lavorando con Ronin, droni, Steadycam e macchina a mano, la leggerezza era un elemento che spostava ulteriormente la bilancia a favore delle ARRI Signature Prime.

Come è stata gestita l’illuminazione? 

Fortunatamente il film ha un budget importante e ho potuto lavorare con i materiali di cui avevo bisogno. A Trieste, nella Zona Nera, c’era una strada buia di 400 metri in cui dovevo partire da zero per arrivare a una luce ricca di chiaroscuri. Essendo una zona di guerra, non c’erano lampioni, o luci di finestre o di negozi. Era tutto totalmente buio. Discutendo con Renato ci è venuto in mente un tipo di luce visto nei film di guerra, nei campi di concentramento e abbiamo illuminato la zona con proiettori che scandagliavano il buio, raggiungendo il perimetro della zona presidiata. Facendo una ricerca ho trovato i proiettori Mole-Richardson che, pur essendo moderni, hanno un look molto vintage. Mi serviva anche il loro look perché dovevano essere inquadrati: la macchina da presa andava infatti a intercettare i proiettori come fossero fari dell’esercito orientati da un soldato. Tutti i proiettori in scarica erano ARRI serie M, dai 1.800 ai 9000 Watt, avevamo anche parecchie luci a Led come gli ARRI SkyPanel.

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"Questo film disponeva di un ampio budget e sono riuscito a lavorare con tutti i materiali di cui avevo bisogno", afferma il direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli

Con quali impostazioni ASA avete lavorato? 

Ho spinto ARRI ALEXA Mini LF a 1600 ASA per dare mezzo stop di chiusura agli ARRI Signature Prime e non mettere in crisi i focus puller. L’obiettivo non lavorava a tutta apertura, quindi aveva più contrasto e incisione. Di base lavoravo a 1240 ASA e di notte cercavo di spingere sulla sensibilità sia per i fuochi, sia per la resa ottimale dell’obiettivo. 

Ci sono state altre situazioni complicate da gestire con l’illuminazione? 

Sicuramente la Snia, che non aveva le stesse dimensioni della Zona Nera, ma era altrettanto complicata perché dovevo illuminare una lunga strada in cui si svolgeva una sparatoria. Lì mi sono coordinato con il capo-elettricista Felice Guzzi, che è abituato a lavorare con impianti grossi e gru da 60 metri. Eravamo in dubbio se usare l’ARRI M18 o lo SkyPanel 360-C, ma siccome la distanza era tanta abbiamo optato per il primo. 

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L'illuminazione ARRI ha aiutato a creare i diversi stili visivi del film "Robbing Mussolini"

Che movimenti di macchina avete utilizzato?

C’erano molti piani sequenza, infatti i due operatori avevano entrambi la steadycam col Ronin. “Robbing Mussolini” ha molti movimenti di macchina, soprattutto carrelli, steadycam e Ronin appunto. Ci sono state poche riprese a mano.

Che monitoraggio avete usato sul set?

Con il colorist Andrea “Red” Baracca,  abbiamo creato una LMT legata soprattutto al contrasto che cercavamo. Abbiamo sporcato i neri, raffreddandoli, e creato due-tre cose nella LMT che ci sembrava si sposassero con i quattro mondi e potessero funzionare per tutto il film.

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Il direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli e il Colorist Andrea Baracca hanno creato un LMT legato al contrasto che cercavano di ottenere per il film.

Intervista con il Colorist Andrea "Red" Baracca

Come hai gestito il lavoro sul colore in HDR per le quattro diverse atmosfere richieste?

Avevamo una lunga lista di reference di film di guerra e action e diverse situazioni da sviluppare, come descritto da Filippo. Vietato desaturare e, al contrario, eravamo invitati a giocare con colori molto definiti e presenti nelle diverse situazioni, come ad esempio nelle scene al Cabiria, tutte sul rosso, o nelle scene notturne nella Zona Nera, tutte sul ciano, cercando ovviamente di non perdere il look da "guerra" richiesto da Gian Filippo e dal regista. In tutto questo, l’HDR con il materiale ARRI è stato un valido alleato, perché risponde in modo naturale a ogni esigenza durante la color correction. Il resto lo ha fatto Gian Filippo, che insieme al reparto scenografia e costumi hanno dato vita a questo film ricco di sfumature. Io, in fondo, ho messo solo la LMT. 

Cosa ha portato l'uso di tecnologia ARRI rispetto al lavoro in HDR in questo progetto? 

Fare color correction in HDR con file digitali ARRI è estremamente semplice e senza compromessi. La sua estesa latitudine di posa e la sua capacità di lettura e registrazione delle alte luci aiuta moltissimo le scelte in color HDR, quasi rendendole ovvie. È sorprendente constatare quante informazioni ALEXA riesca e restituire in tutti gli spazi colore in cui si lavora. A mio parere, nessuna macchina sul mercato riesce a uguagliare ALEXA in questo.  

Puoi raccontarci il lavoro di creazione della LMT fatto con il direttore della fotografia?

Sulla LMT e le sue declinazioni ci sarebbe molto da dire, ma in questo caso posso solo rispondere che sono un colorist old style. Con Gian Filippo ne abbiamo creata una con una palette colore il più possibile vicina alla pellicola Kodak, senza però dominanti che in qualche modo interagissero con le scelte di temperatura colore delle luci usate sul set. Anche il contrasto doveva rispettare molto le scelte di Gian Filippo sul set. Sul gamma espositivo, invece, abbiamo lavorato per avere una LMT più chiusa di 2-3 di stop, in modo da lavorare con una leggera sovraesposizione, che dà come risultato un nero molto più ricco e "smaltato", almeno nel mio modo di fare color correction. 

In macchina c’erano Luca Dell’Oro e Peter Zuffa, gli assistenti operatori erano Riccardo Metelli e Livio Montarsi, il gaffer Felice Guzzi e il capomacchinista Sandro Fabbriani. Il DIT Antonio Paolucci.

Immagine di apertura: Netflix